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Recensione ∼ La malalegna (Rosa Ventrella)

Buon lunedì miei cari Lettori!
Oggi vi scrivo una recensione a cui tengo davvero moltissimo. Parliamo del romanzo La malalegna di Rosa Ventrella, che ho avuto il piacere e onore di presentare come relatrice in Feltrinelli un paio di mesi fa. Rosa è un’autrice di grande talento e questo libro ne è la dimostrazione lampante!
Buona lettura 😉

La malalegna

Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola. Siamo all’inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d’Arneo, un’immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. “La tua bellezza è una condanna” le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza – e una condanna – che sono toccate in eredità ad Angelina. Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio. È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna , il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all’altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l’effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l’amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima. Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.

272 pagine | €9,99 ebook — €18,00 copertina rigida

Ora so che è per questo che io sono rimasta. Per raccontare la storia di tutti noi. Chiano chiano – come diceva nonna Assunta –, partendo dal principio.
«E da dov’è che inizi?» mi domanda mio padre. […]
«Dalla malalegna» gli rispondo. È di lì che devo partire. Da quando si è insinuata nelle nostre vite.

La malalegna, il pettegolezzo.
Parole velenose che passano di bocca in bocca e infettano la vita delle persone. Una vera e propria malattia dell’animo umano che, come fumo nero, impregna le pagine del più recente lavoro di Rosa Ventrella, insinuandosi nella vita della famiglia Sozzu, protagonista di questa storia.

A narrarci ogni istante è Teresa, la maggiore delle due figlie di Caterina e Nardino Sozzu: la sua voce è tanto intima e delicata, quanto corale e fortemente disarmante. Teresa racconta una Puglia poco nota ai lettori, dipingendo con le sue parole un Salento inedito che parte dalla Seconda Guerra Mondiale, vive poi le conseguenze di questa guerra e giunge infine agli anni cinquanta, teatro delle rivolte contadine.
In questo spaccato di storia così nuovo e accattivante si snodano le vite di  Teresa e sua sorella minore Angelina, di mamma Caterina, nonna Assunta e, intorno a loro, di tutte le donne di Copertino.

È un romanzo che scava nel passato, in una memoria tanto personale quanto collettiva. Restituisce a chi legge un racconto nostalgico, a tratti amaro e spigoloso, ma che al contempo rappresenta un percorso di resilienza, forza e riscatto È curioso vedere come la maldicenza e il pettegolezzo seguano ciò che è più bello, ciò che fa invidia. La bellezza si trasforma in una maledizione, prima per mamma Caterina, poi per sua figlia Angelina.

Quanti anni sono passati, Angelina? Quanto intensamente ti ho amato? Se da bambine le comari avessero provato a descriverci, io sarei stata quella incompresa, taciturna, schiva, la spettatrice. E tu? Tu, Angelina, saresti stata il sole.

È profonda differenza fra le due sorelle. Angelina ha sin da bambina una piccola scintilla di ribellione nel cuore, mentre Teresa è molto più pacata e riflessiva. Al coraggio sconsiderato e prorompente della più giovane si affianca la silenziosa – ma solo apparente – fragilità della sorella maggiore. Proprio a lei l’autrice sceglie di affidare il racconto, alla Teresa che “si butta giù” continuamente, che si sente invisibile, che crede di non valere abbastanza, ma racchiude in  realtà un animo dolce, sensibile e incredibilmente forte.

Nonno Armando aveva il dono della narrazione. Mio padre quello del silenzio. Nonna Assunta la saggezza contadina. Mia madre e mia sorella, la bellezza. Io? Il mio dono lo dovevo ancora scoprire. Per gran parte della mia infanzia sono stata solo a guardare.

Quella di Rosa Ventrella è una penna limpida e scorrevole,  che sciacqua via tutto il superfluo per dare spazio al vero cuore pulsante della narrazione. Non c’è lirica ridondante, ma una magica (e quasi poetica) contaminazione dialettale, ricca di parole, modi di dire e soprannomi tipici della Puglia. Alla durezza della vita l’autrice unisce l’ironia delle scene di paese, delle donne chiacchierone di Copertino che strappano un sorriso e alleggeriscono il cuore. 

Questo romanzo è per chi non ha paura di guardarsi dentro.
Per chi è pronto ad abbracciare e amare i propri difetti.
Per chi ha voglia di riscoprirsi e di cominciare a guardare il mondo intorno a sé con occhi diversi. 

Conoscevate questo romanzo?
Lo avete letto?

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